Per il Batman Day di quest’anno, DC comics ha organizzato una tournée per portare il pipistrello fuori dalla sua Gotham, destinazione: il mondo. Uno speciale di 14 storie per 14 autori, chiamati ad accogliere il cavaliere oscuro a casa propria per un progetto chiamato con molta fantasia Batman: il mondo. Dice “e che ci fa così lontano da casa?”. Investiga, picchia, arresta, il solito insomma.
In Italia, lo hanno avvistato a casa di Alessandro Bilotta, citofonare Ianus, in una Roma “che le ha viste tutte” – e continuerà a vederle, dopotutto è la città eterna. Il cavaliere oscuro è un ospite impegnativo, si sa. Come tutti gli eroi di una certa età, ha le sue fisse, le sue abitudini, i suoi posti preferiti e Roma è così diversa da Gotham. Eppure, come già abbiamo potuto vedere in passato, anche così incline a farsi teatro di storie in maschera che vien da chiedersi come mai il vecchio Bats non venga più spesso nella capitale. Beh, in effetti forse è meglio di no, se ogni volta ne deve saltare in aria un pezzo… ma non spoileriamo troppo.
Ci basti sapere che è così che viene ritratta nei disegni magnificamente bonelliani di Nicola Mari e i colori di Giovanna Niro, capaci di spremere fuori l’anima gotica da una Roma che sembra più dark di Gotham City e ci appare come una meraviglia avvolta da tenebre e fiamme, lambita da un fiume che è il moto eterno del tempo stesso. E proprio il tempo è, per l’appunto, il fulcro tematico attorno al quale ruota l’intera vicenda: materia prima di cui sono fatte le storie, illusione e catena, sfida e delizia per tutti i narratori; riavvolgerlo, fermarlo, accelerarlo, è possibile? Come invertire il corso del Tevere, e c’è solo una persona in grado di farlo, anzi due: una è Ianus, l’altra è il suo creatore. Di quest’ultimo abbiamo già avuto modo di parlarne.
Del primo, invece, non ne sappiamo nulla, se non che per gli antichi romani era il dio dei cicli e dei passaggi, o, per dirla in altri termini, il nume della fine e dell’inizio. Così un villain fresco di inchiostro diventa subito un instant classic, con tutti i crismi del supercattivo batmaniano: una backstory che è la trasfigurazione di quella di Batman, una certa vena melodrammatica, una cricca di seguaci che ne asseconda le pazzie, e il percorso di crescita che lo porta a trascendere i limiti umani e diventare nientemeno che l’incarnazione vivente di un’idea. Un folle che parla solo al passato o al futuro (e qui un plauso lo merita Andrea Accardi per l’utilizzo brillante del lettering) si ritrova suo malgrado a riflettere — in maniera deformata, si capisce — lo stesso tormento che affligge il suo rivale. Nello scontro (che assume inevitabilmente le sembianze di un confronto), entrambi tentano di rompere l’incantesimo del tempo illudendosi di poter riscrivere il passato, senza mai riuscirci.
Come capitava con gli antagonisti di Mercurio Loi, Ianus (che, guarda caso, si presenta al pubblico con in mano un detonatore) diventa l’innesco di un dispositivo narrativo che apre una riflessione sulla vera natura degli eroi — o, a voler essere più cattivi, sulla loro effettiva necessità, una cosa sulla quale Alan Moore ha costruito mezza carriera —, sulla condizione (condanna? maledizione? psicopatia?) che li costringe a rivivere e rimettere in scena la stessa tragedia che li ha spinti ad indossare una maschera.
Bilotta non spreca l’occasione di forgiare un gioiello fatto di opposti: nuovo e vecchio, profondo e leggero, breve e infinito, riuscendo, lui sì, a giocare con il tempo e con il mezzo, smontando e rimontando l’intreccio in un avvincente e a un tempo destabilizzante mindfuck. Di esser riuscito, in buona sostanza, a fare in dieci pagine ciò che non è riuscito a Nolan in dieci ore di film.
[Ah, il titolo dell’articolo, In girum imus nocte et consumimur igni, è un palindromo in latino e si traduce così: giriamo in tondo nella notte e veniamo consumati dal fuoco. È latino (quindi romano), è circolare (come la storia), fa riferimento alle tenebre e al fuoco.]
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